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Cibo spazzatura: sgarro o dipendenza?

Dipendere da qualcosa, o da qualcuno, non è mai indice di uno stile di vita sano. E i cibi ultra processati, noti anche come cibo spazzatura, non fanno eccezione. Mangiamo in un fast food, il nostro cervello ha un picco di dopamina, l’ormone del piacere, e noi stiamo apparentemente bene. Ma l’effetto non dura mai quanto vorremmo, e subentra puntualmente uno stato di malessere che ci porta a ricercare di nuovo quella sensazione. È un circolo vizioso, una dipendenza.

Il cibo spazzatura – junk food – crea dipendenza: da zuccheri, da sale, da carboidrati, da grassi… e se non stiamo attenti questa dipendenza può diventare a tutti gli effetti una malattia. Solo in Italia – secondo l’Istituto Superiore di Sanità – il 33% della popolazione è in sovrappeso e il 10% è obeso.

Perché esiste la dipendenza da cibo spazzatura?

Come in tanti casi, non esiste un solo fattore scatenante. Le cause infatti possono essere molteplici e spesso connesse tra loro. Come accade anche per altre dipendenze (come quella dall’alcol ad esempio), lo stress può giocare un ruolo chiave. Non solo perché lo stress produce cortisolo, ormone che aumenta il nostro appetito, soprattutto verso i cibi grassi, ma anche perché ci spinge a ricercare quel “benessere momentaneo”. Anche eventi traumatici possono spingerci verso il cibo spazzatura per provare ad alleviare il dolore. C’è poi la genetica: esistono infatti geni che predispongono di più le persone a sviluppare delle dipendenze.

Ma cosa ti dice il cervello?

Quando si parla di dipendenza da cibo spazzatura il nostro cervello può diventare il nostro peggior nemico. Come succede con le esperienze belle viviamo, quelle che ci fanno stare bene, il nostro cervello comincia a chiedercene di più. E spesso pur di rivivere quelle sensazioni cadiamo anche vittime del sistema di ricompensa e il cibo spazzatura diventa il nostro premio. “Ho camminato 10 chilometri oggi, me la merito quella fetta di torta in più”.

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Forma di privazione o semplice autodifesa?

Soprattutto quando viviamo in contesti sociali, siamo portati a pensare che mangiare una fetta di torta in meno sia una rinuncia. Tanti vengono additati anche come “salutisti”, etichetta usata sempre più con accezione dispregiativa. Ma la verità è che il più delle volte quella privazione è una forma di autodifesa, necessaria. 

Le conseguenze del cibo spazzatura le vediamo in primis sul nostro corpo, ma non è mai solo una questione di peso. Quell’eccesso di zuccheri, grassi o sale, porta con se anche infiammazioni, che se non curate possono portare a malattie cronico degenerative più gravi. E se la minaccia di malattie non fosse ancora un campanello d’allarme sufficiente per farci desistere, sappiate che il cibo spazzatura ha delle conseguenze anche sulla nostra mente

Mens sana in corpore sano.

Esiste un effetto, molto noto tra chi soffre di dipendenza da farmaci, che si chiama effetto rebound. Grazie a questo, se mangiamo cibo spazzatura perché siamo stressati, una volta smesso i sintomi dello stress tornano prepotenti. Ma la scienza negli anni ha dimostrato che ci sono anche ripercussioni notevoli sulla memoria e sull’autocontrollo. Ed ecco perché dopo aver mangiato del junk food non riusciamo a smettere, anzi, ne vogliamo ancora.

Se rinunciare a quella fetta di torta in più significa rinunciare a un benessere apparente ed effimero in favore di un benessere più completo e duraturo, io la mia scelta l’ho già fatta.

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E tu? Cosa ne pensi del cibo spazzatura? Ti aspetto su marta@gentilmenta.com

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