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L’impatto del caffè

Esiste un caffè sostenibile?

Io amo il caffè, da sempre. Fino a qualche anno fa ne bevevo decisamente troppi lo ammetto, eppure era diventata un’abitudine sacra per me. Al mattino, a metà giornata, dopo pranzo, a metà pomeriggio… a volte anche nel tardo pomeriggio o dopo cena, dipendeva fino a che ora restavo a lavoro. Era il mio vero momento di pausa, ma anche un momento di condivisione con gli altri, per stare in compagnia e staccare insieme. Solo poco tempo fa ho cominciato a chiedermi quale fosse l’impatto del caffè. Lo trovo un argomento che, se analizzato a fondo (dalla produzione alla distribuzione), può risultare molto complesso: motivo per cui cercherò in questo articolo di semplificare il più possibile – senza però tralasciare i punti salienti. Cominciamo?

Qualche numero della filiera del caffè

Il caffè è il secondo bene più scambiato al mondo con un consumo stimato di circa 2.5 miliardi di tazze di caffè al giorno. Nonostante questo, la richiesta di caffè sembra essere in continua crescita (entro il 2050 sarà triplicata), anche se – stando a quanto riporta il Climatic Change – circa la metà dei terreni al mondo che attualmente sono utilizzati per la coltivazione di caffè potrebbero essere completamente improduttivi entro il 2050.

Il caffè “è un prodotto ad alta intensità d’acqua e di energia. Le stime sono basate su calcoli relativi al caffè proveniente dal Brasile nelle due forme comuni di caffè verde e  tostato. 1 kg di caffè tostato causa 10 kg di emissioni di gas serra e richiede circa 4 metri cubi di acqua e 17 kg di materiali abiotici“, secondo quanto riporta ReteZeroWaste in merito all’impatto del caffè.

piantagione di caffè

Dalla coltivazione all’ombra alla coltivazione a pieno sole

I principali problemi legati al caffè cominciano già nella fase di produzione, specialmente quando – a partire dagli anni 70 circa – la maggior parte dei coltivatori ha deciso di passare dalla coltivazione all’ombra alla coltivazione a pieno sole. Originariamente le piante di caffè erano coltivate all’ombra di altri alberi e arbusti e questo recava numerosi benefici: su questi alberi vivano infatti uccelli predatori che si cibavano di insetti dannosi per le piante di caffè (e questo rendeva inutili l’uso di pesticidi). Non solo, l’ombra faceva sì che non si disperdesse troppa acqua nel terreno: acqua che insieme al materiale organico caduto a terra era un fertilizzante naturale per il solo. È vero, il caffè in questo modo maturava molto più lentamente ma il prodotto finale era qualitativamente migliore.

Si è scoperto poi che, coltivando il caffè a pieno sole si ottiene molto più caffè in minor tempo, anche se questo vuol dire sfruttare molto di più il terreno e le risorse idriche, oltre che ricorrere a pesticidi (in assenza dei predatori naturali). Come se non bastasse, sempre perché la domanda è in continua crescita, è aumentata anche la deforestazione selvaggia, per avere quanti più terreni a disposizione per coltivare anche il caffè.

Le certificazioni

Spesso e volentieri mi viene chiesto se ci sono certificazioni affidabili al 100%. La verità, purtroppo, è che non è così facile. Non basta esporre una certificazione per essere davvero sostenibili in tutto e per tutto. Ad esempio, parlando del caffè sostenibile la prima scelta di chiunque sarebbe quella di cercare il marchio Fairtrade, che garantisce – tra le varie cose – il pagamento del giusto prezzo del caffè – e quindi di non sfruttare i coltivatori locali (che non è affatto poco).
Questo però non garantisce che i terreni utilizzati siano terreni in ombra: le coltivazioni in ombra del caffè sono infatti in forte calo. Si stima che dal 1996 al 2010 il numero di aziende agricole che hanno scelto di coltivare il caffè all’ombra è sceso dal 43 al 24% – e che questo sia tutt’ora in calo. Un’associazione che si impegna a tutelare anche la salvaguardia del suolo e delle foreste è la RainForest Alliance.

Qual è il caffè più sostenibile?

Altroconsumo ha provato a calcolare l’impatto del caffè dei vari mezzi che abbiamo a disposizione: l’opzione più sostenibile è la moka. La classica caffettiera infatti è fatta in alluminio spesso e volentieri e produce pochi rifiuti organici. A seguire, ci sarebbero le macchinette con cialde compostabili e solo al terzo posto le macchinette con le capsule. In merito alle capsule, va poi detto che ci sono quelle riutilizzabili ormai: sicuramente chi sceglie questa opzione dovrà fare un investimento iniziale, ma sarà ripagato nel medio/lungo termine.

impatto del caffè in moka

Le alternative al caffè

Nonostante io mi confermi una grande amante del caffè, un po’ per curiosità e un po’ perché mi piace provare cose nuove ho cercato quali fossero le alternative al caffè.
Ecco in cosa mi sono imbattuta:

  • caffè di tarassaco
  • caffè d’orzo
  • caffè di cicoria
  • caffè di lupini > questo provato di recente e mi piace!
  • erba mate
  • decotto allo zenzero

Inoltre, spesso e volentieri queste alternative sono meno costose rispetto al caffè certificato – che ha giustamente un prezzo più alto. In merito ai prezzi dei prodotti sostenibili, trovi un articolo dedicato proprio qui.

Se vuoi approfondire, ecco le fonti

Parliamone

E tu? Quanto sapevi dell’impatto del caffè?

Ti aspetto su: marta@gentilmenta.com

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