sostenibilità e consapevolezza
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Non c’è sostenibilità senza consapevolezza

Quanto impattano le nostre azioni?

C’è una connessione molto forte da sostenibilità e consapevolezza. Così come c’è una connessione forte tra le azioni che facciamo e quelle che non facciamo.
Ogni azione che facciamo ha un impatto. Andare al supermercato a piedi o in macchina, scegliere di comprare la carne o gli hamburger vegetali, tenere acceso il riscaldamento a 20 gradi o a 18, fare un caffè normale o quello d’orzo, fare una doccia da 5 minuti o da 30, fare una lavatrice a 20 gradi o a 65… e potrei andare avanti.
Ma anche le azioni che NON facciamo hanno un impatto: quante delle cose che compriamo ci servono davvero o di quante potremmo fare a meno?

Dobbiamo però anche ammettere che alcune azioni hanno un impatto maggiore di altre, soprattutto quando si parla di sostenibilità. Ne avevo già parlato ampiamente in questo articolo, ma ti rinfresco la memoria con questo schema:

azioni che impattano

Ognuno di noi ha una sensibilità diversa verso queste azioni e va rispettata. Ci sono azioni che possono pesare meno sulla maggior parte delle persone, come ad esempio lavare i vestiti in acqua fredda. Ma ci sono azioni che possono pesare molto, e questo peso cambia da persona a persona: sicuramente avere o non avere dei figli rientra tra queste, ma anche più “banalmente” comprare un’auto più efficiente. È giusto sapere quanto impattiamo con queste azioni, ma è anche giusto sapere che non stiamo più parlando solamente di sostenibilità ambientale. Qui si parla anche di scelte personali, economiche e sociali. E non tutti partiamo dallo stesso punto di partenza.

Tutti abbiamo un impatto, non solo sull’ambiente

Spesso associamo il nostro impatto come individui sull’impatto ambientale (basta vedere il grafico sopra): ma questa è solo una parte. Credo sia importante conoscere il più possibile l’impatto delle nostre azioni e provare a limitarlo, ma non dovremmo concentrarci solo su quello. Per essere davvero sostenibili non basta infatti concentrarsi sulla sostenibilità ambientale, dobbiamo allungare lo sguardo anche su quella economica e sociale. Questo vale tanto per le aziende quanto per noi.

Ad esempio: un’azienda che vuole essere sostenibile non può limitarsi a mettere in atto tutte le pratiche possibili per ridurre il proprio impatto ambientale, deve anche pagare adeguatamente i suoi dipendenti e garantire loro delle buone – se non ottime – condizioni di lavoro. Le condizioni umane dei lavoratori sono importanti tanto quanto quelle economiche e quelle ambientali. Lo stesso vale per noi: se scegliamo di comprare un nuovo capo, dobbiamo assicurarci che la sua filiera produttiva rispetti l’ambiente ma anche che il prezzo sia giusto. Un prezzo giusto infatti ci assicura che anche i lavoratori sono stati pagati il giusto (in teoria). Così facendo – con il nostro acquisto (o con il mancato acquisto) – stiamo mandando un messaggio e stiamo avendo un impatto: ambientale, sociale ed economico.

“Sì, ma il nostro impatto non conta nulla”

Non sono d’accordo. Ammetto che per gli articoli scientifici e i libri in cui mi sono imbattuta finora, mi sembra che ci siano posizioni contrastanti in merito. C’è chi crede che se ci concentriamo tutti sulle azioni che contano davvero (vedi grafico sopra) possiamo fare la differenza, c’è chi invece crede che le scelte dei singoli non abbiano alcuna rilevanza. Vi segnalo un articolo interessante di Dario Bressanini. Io credo che l’argomento sia molto più complesso di così.

Responsabilità e consapevolezza

Credo che da una parte ci siano molte persone che si attaccano all’argomentazione scientifica per cui “le azioni dei singoli non contano nulla” e la usino solo come scusa per deresponsabilizzarsi. Troppo comodo. Ognuno di noi deve essere consapevole e responsabile, tutti siamo chiamati a fare la nostra parte, nessuno escluso. Di nuovo, non siamo tutti allo stesso punto di partenza, è vero, ma di nuovo, non per questo siamo esonerati dal fare la nostra parte.

C’è chi vuole e può impegnarsi di più dal punto di vista economico, sostenendo quindi associazioni e enti, c’è chi invece vuole e può scendere in piazza, manifestare, organizzare eventi culturali per avvicinare quante più persone al tema della sostenibilità. Ci sono tanti modi per fare la nostra parte: uno dei più “comuni” è quello di scegliere ogni giorno cosa acquistare e cosa no. Anche con i nostri acquisti mandiamo un messaggio: è un caso che anche le grandi aziende stiano lanciando linee green o di prodotti vegetali? Sicuramente hanno un tornaconto economico come priorità, ma se iniziano a mettere sul mercato queste proposte è perché hanno visto che ha sempre più persone interessano le alternative più sostenibili.

Se non siamo consapevoli di come possiamo essere più sostenibili dal punto di vista economico, sociale e ambientale, come potremo mai essere più responsabili? Per partire in piccolo basta anche informarsi: leggere un articolo, un libro, ascoltare un podcast o guardare un documentario. E se si vuole fare un passo in più, parliamone con amici, parenti, colleghi… in questo modo risveglieremo anche la loro di consapevolezza. Sostenibilità e consapevolezza devono andare di pari passo. È necessario creare un consenso sociale diffuso, e da qualche parte si dovrà pur cominciare no?

“Servono azioni politiche”

Vero. Ma come ci si arriva? Sicuramente oggi dal punto di vista politico si potrebbe fare molto di più per l’ambiente ma mi piace poi pensare che tra noi e tra le giovani generazioni ci sono i politici del futuro. Se li cresciamo come siamo cresciuti noi, in mondo dove tutto è dovuto, tutto è illimitato, tutto è subito e tutto è nostro, come potrà davvero cambiare qualcosa? E credo che il punto di partenza sia – anche per i più piccoli – la consapevolezza.

Detto questo però, non possiamo e non dobbiamo lasciare tutto nelle mani dei politici, o degli scienziati – altra categoria spesso chiamata in causa per risolvere tutti i problemi legati alla crisi climatica. Magari fosse così facile: in questo caso non credete che li avremmo già risolti da un pezzo se bastavano scienziati e dati (senza sminuirli)?

Tutti abbiamo un ruolo nell’affrontare la crisi climatica: dobbiamo solo scegliere il nostro. La crisi climatica non è solo una crisi ambientale, è anche sociale, economica, politica, umanitaria. E in queste categorie ci rientriamo tutti, nessuno escluso. È giusto quindi consultare la scienza e la politica, ma non vanno escluse nemmeno l’economia, l’etica e la giustizia.

Persone che hanno avuto un impatto positivo

  • Malala Yousafzai – attivista. Classe 1997, attivista pakistana, è la più giovane ad aver mai vinto un Premio Nobel per la Pace (nel 2014). A soli 11 anni denunciava l’oppressione del regime dei talebani pakistani attraverso il suo blog. Un simbolo di coraggio e determinazione, impegnata soprattutto nel diritto per l’accesso all’istruzione.
  • Victoria Herrmann – geologa e divulgatrice. Oltre alle numerose attività che ha svolto come geologa, si è distinta anche per gli articoli e per i discorsi pubblici che ha tenuto, fornendo uno storytelling completamente nuovo del cambiamento climatico. Un modo per far avvicinare quante più persone possibili al tema.
  • Vanessa Nakate – attivista per la giustizia climatica. Originaria dell’Uganda, è stata la prima attivista del mocimento Fridays for Future nel suo paese. Ha fondato anche il Rise up Climate Movement e promosso una campagna per la salvaguardia della foresta pluviale della Repubblica Democratica del Congo.
  • David Attenborough – naturalista e attivista. Ha dedicato la sua vita (e lo sta facendo tuttora) a studiare, proteggere e conservare il Pianeta. Pioniere del documentario naturalistico e uno dei più importanti divulgatori scientifici al mondo.
  • Chico Mendes – politico, sindacalista e ambientalista brasiliano. Ha dedicato la sua vita alla lotta contro il disboscamento della foresta amazzonica. Non l’ha fatto da solo, è riuscito a unire nella sua lotta tutti gli abitanti delle foreste, i contadini e i lavoratori raccoglitori di caucciù. 
  • Molly Burhans – cartologa e attivista cattolica. Ha presentato un progetto al Vaticano per mappare tutte le proprietà della Santa Sede localizzate in tutto il Pianeta e per intervenire in maniera efficace e determinante nella conversione dell’utilizzo del territorio.
  • Rachel Louise Carson – zoologa, biologa e giornalista. Ha scritto – anche grazie all’aiuto di alcuni amici ricercatori – un libro denuncia, Primavera Silenziosa. Una delle prime volte in cui un gruppo di persone si mobilitano per denunciare danni all’ambiente e salvaguardare il Pianeta dall’inquinamento che fa del male in egual modo all’ambiente e alle persone.
  • Erin Brokovich – attivista. Diventata celebre per aver denunciato l’industria Pacific Gas & Electric Company, considerata responsabile della contaminazione delle falde acquifere di Hinkley, una cittadina californiana.
  • Atena Daemi – attivista per i diritti civili. Si batte per la fine della pena di morte in Iran, ma anche un futuro che rispetti e tuteli i diritti di donne e bambini. Attraverso i suoi post sui social aveva criticato le esecuzioni nel suo paese, scendendo poi anche in piazza per difendere le sue idee. Per lo stato quello che ha fatto rientra all’interno di ‘attività criminale’ al punto che nel 2015 Atena è stata condannata a 14 anni di carcere, poi ridotti a 7. Il 24 gennaio 2022 è stata liberata.
  • Jamie Margolin – attivista per la giustizia climatica. Classe 2001, ha cominciato a organizzare manifestazioni pubbliche in difesa dell’ambiente nella sua città natale, Seattle, quando aveva solo 14 anni. Ha fondato “Zero Hour”, un gruppo in difesa del clima guidato da giovani. Oltre a sensibilizzare i giovani sul tema della crisi climatica, organizza marce e manifestazioni in collaborazione con altri gruppi di attivisti. Tra questi, anche la National Children’s Campaign, con cui ha dato il via al progetto #Vote4OurFuture. 

E noi cosa possiamo fare?

Ce ne sono tanti di attivisti e attiviste che potremmo citare, più o meno giovani, ognuno impegnato in battaglie differenti. C’è chi scende in piazza, chi fa divulgazione “da casa”: la verità è che ci servono entrambi. Come ci serve la scienza, la politica, la giustizia, l’etica e anche l’economia.
Come sempre il primo passo è cominciare: non dobbiamo svegliarci tutti attivisti e attiviste domani mattina, ma possiamo informarci e informare gli altri per aumentare la loro (e la nostra) consapevolezza. Lo step successivo è trovare un modo per fare la nostra parte, per dare il nostro contributo, perché oggi più che mai la crisi climatica ci riguarda tutti.

Sostenibilità e consapevolezza: parliamone

E tu? Sai già come dare il tuo contributo? Se dovessi scegliere un’azione da cui partire, quale sarebbe?

Ti aspetto su: marta@gentilmenta.com

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