App sostenibili: esistono davvero?
Da Vinted a TooGoodToGo, sfatiamo qualche mito
Più approfondisco tematiche legate alla sostenibilità più mi rendo conto di quanto sia importate riuscire a vedere le cose da più punti di vista. È da diverso tempo ormai che vedo e sento contenuti “estremi” su app (o servizi) sostenibili, che dovrebbero innescare in chi le usa il desiderio di fare scelte più consapevoli. Questo perché, purtroppo, come in tutte le cose, c’è sempre chi è interessat* solo al proprio tornaconto economico. Ma andiamo per ordine.
Cosa si intende per app sostenibili?
Per app sostenibili si intendono tutte quelle applicazioni che dovrebbero aiutarci a fare scelte più consapevoli e più rispettose dell’ambiente che ci circonda. Tra le prima che mi vengono in mente c’è sicuramente Junker App, che ti aiuta a smaltire correttamente ogni prodotto. E sappiamo tutti quanto è importante fare correttamente la raccolta differenziata, non solo per l’ambiente ma anche per le nostre tasche. Ma ci sono due app che nell’ultimo periodo stanno spopolando: Vinted e TooGoodToGo.
Vinted
Vinted è l’app che permette a milioni di utenti di comprare e rivendere principalmente capi usati. Dico principalmente perché ormai si trova anche dell’altro, come ad esempio i libri. Nata nel 2008 a Vilnius (Lituania), l’app da un anno circa ha preso piede anche in Italia. Personalmente mi è piaciuta fin da subito l’idea di avere un’app dove poter ricercare e comprare i capi che mi servivano – delle marche che mi piacevano. E da quando mi sono approcciata a uno stile di vita più lento e consapevole l’usato è diventata la mia prima scelta. È un’app semplice da navigare e da utilizzare, sia come venditori che come acquirenti, ha grafica pulita e anche la possibilità di chattare direttamente con il venditore da una certa tranquillità, così come le recensioni.
TooGoodToGo
Di tutt’altra tipologia invece è l’app TooGoodToGo, che vedo ormai da un anno circa qui a Verona. L’app è nata nel 2015 in Danimarca e si propone come app ideata per combattere lo spreco alimentare. Scaricando l’app è possibile vedere quali bar/ristoranti/supermercati hanno del cibo avanzato che se non verrà consumato a breve rischia di essere buttato via perché non più buono. In questo modo le attività commerciali evitano di sprecare cibo e il cliente avrà il suo pasto a un prezzo vantaggioso.
Quali sono i vantaggi di queste app “sostenibili”?
Ci sono diversi vantaggi a dire il vero, sia per chi vende che per chi acquista. Nel caso di Vinted chi vende i capi può liberarsene e guadagnarci qualcosa, mentre chi acquista ha dato nuova vita a un capo che altrimenti sarebbe stato buttato via. Nel caso delle app come TooGoodToGo invece, chi vende ci guadagna, sia in soldi che in visibilità – in quanto registrandosi sulla’app possono raggiungere un pubblico locale ampio. Mentre chi avrebbe comunque voluto comprare del cibo d’asporto ha “salvato” quello che altrimenti sarebbe stato gettato via.
Un win-win in entrambi i casi in teoria.
Ma quali sono gli svantaggi?
Sì, parliamo anche di svantaggi perché dietro a queste belle apparenze ci sono degli aspetti negativi altrettanto importanti che spesso vengono ignorati.
Partiamo da Vinted: quella che doveva essere un’app su cui vendere i propri capi usati – o comprarne – è diventata principalmente una scusa per comprare più vestiti a prezzi più bassi.
Chi vende vuole guadagnare su capi che non mette più (magari indossati anche una volta sola) per poter reinvestire quei soldi in altri vestiti, mentre chi si limita ad acquistare lo fa “compulsivamente” concentrandosi solo sul prezzo basso e non sui suoi reali bisogni.
Nel caso di TooGoodToGo invece, tanti ristoranti e attività commerciali hanno scelto di aderire non tanto per il desiderio di salvare del cibo, quanto per sfruttare l’app come una vetrina.
Il problema sono davvero le app sostenibili?
No. Il problema non sono le app sostenibili ma l’uso che noi utenti decidiamo di farne. Parlo da persona che ha utilizzato Vinted in diverse occasioni (per me o per fare dei regali) e la trovo un’app molto utile per chi vuole fare acquisti di seconda mano. Ci vogliono delle accortezze e sicuramente anche un po’ di pazienza (anche solo per trovare il capo giusto) ma se usata correttamente fa davvero la differenza. Diamo effettivamente nuova vita a un capo: è decisamente un’ottima cosa.
Tuttavia, se cominciamo a usarla solo per poterci permettere più vestiti (che inevitabilmente useremo meno), finendo per stufarci in fretta anche di quelli, non possiamo considerarla un’app sostenibile. Per quanto riguarda TooGoodToGo invece la situazione è un po’ diversa.
Il modello di TooGoodToGo
Lo spreco alimentare è un problema grave e reale. Secondo i dati della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition, in Italia ognuno di noi spreca 65 kg di cibo pro-capite l’anno. Di tutti questi sprechi, il 21% avviene fuori casa. Ma cosa succede poi al ristorante? Secondo Cimaristorazione, la maggior parte degli sprechi alimentari nella ristorazione avviene durante la fase di preparazione degli alimenti (45% del totale), o nei piatti dei clienti (34%), o per deterioramento dei cibi (21%).
Già da questi dati balza all’occhio quanto sia maggiore il nostro impatto (delle persone, ovvero degli chef e dei clienti) rispetto al deterioramento dei cibi (è quel 21% che viene “salvato” dall’app): motivo per cui penso che dovremmo agire già prima.
Da un lato gli chef hanno la responsabilità di valutare al meglio quanto cibo comprare, oltre che elaborare correttamente un menu per evitare che i cibi scadano prima o si deteriorino.
Noi clienti abbiamo l’obbligo di valutare bene quanto cibo ordinare – e quando si eccede richiedere la doggybag anche per porzioni piccole per evitare che il cibo venga buttato via. Ma andiamo avanti.
Classificazione delle app sostenibili o servizi che salvano quel 21% di cibo che altrimenti andrebbe buttato:
- Piattaforme di Sharing for Community: ovvero piattaforme dove il cibo in eccesso viene condiviso con la propria comunità. Es: Foodshring.de: la cosa bella di questo servizio è che chiunque può partecipare, dai privati ai ristoranti… i volontari si impegnano per andare a recuperare il cibo in eccesso e lo distribuiscono.
- Piattaforme di Sharing for Charity: ovvero quelle piattaforme che non hanno alcun interesse economico, sono non profit. Dietro questi servizi ci sono delle associazioni che si occupano di recuperare il cibo e portarlo – gratuitamente – a chi ne ha davvero bisogno. Es: BringtheFood: un’applicazione web utilizzata da diversi enti e reti di raccolta per gestire eccedenze dalla ristorazione, da esercizi commerciali (piccola e grande distribuzione) e dalle organizzazioni dei produttori.
- Piattaforme di Sharing for Money: ovvero quelle piattaforme dove il cibo in eccesso viene venduto. Ed eccoci al caso di TooGoodToGo.
La morale?
Sono felice che il cibo non venga sprecato ovvio, ma dal punto di vista etico prediligo nettamente i primi due modelli (Sharing for Community e Sharing for Charity).
Considerando che i ristoranti e le attività commerciali non si mantengono grazie a quello che vendono su app di Sharing for Money (anzi, a volte vanno in perdita e ci guadagnano solo in visibilità), che senso ha farlo? Se fosse solo per la volontà di salvare il cibo basta passare ai modelli di Sharing for Community e Sharing for Charity.
Sarà che nella comunicazione ci lavoro da diversi anni ormai, ma non mi piace quando un brand si fa paladino di un messaggio solo per attrarre più clienti, monetizzando un servizio che esisteva già e che era gratuito (perché messo a disposizione di chi ne aveva bisogno): andrò controcorrente, ma credo ancora in una comunicazione onesta, gentile e non ingannevole.
Parliamone
E tu? Conoscevi già queste app? Che idee ti sei fatt* al riguardo?
Ti aspetto su: marta@gentilmenta.com