andare a sciare è sostenibile

Andare a sciare è sostenibile?

Tutto quello che devi sapere per rispettare la montagna

L’ambiente montano

Ammettiamolo, c’è chi aspetta l’inverno solo per poter andare finalmente a sciare. Sciare è un’occasione per stare nella natura, per divertirsi, per fare sport, ma è anche un vero e proprio business. Ho sciato solo una volta, da piccola, poi non ho mai avuto modo/tempo/voglia di riprovare, eppure mi sono chiesta – anche in questo caso – quanto fosse effettivamente sostenibile sciare. Questo perché ormai da un paio di anni mi imbatto continuamente in foto di come erano le montagne anni fa e di come stanno diventando ora, grazie al riscaldamento globale.

Da quando mi sono trasferita in Veneto più di 5 anni fa, ho cominciato ad amare follemente la montagna: oggi posso definirlo il mio habitat. Amo la natura, i suoi paesaggi, la sua tranquillità: amo come passare del tempo tra i boschi o lungo i pendii delle montagne mi rigeneri. Ecco perché quando ho visto cosa stavamo facendo alle montagne mi sono sentita male: la sola idea di perdere i ghiacciai mi terrorizza.

Tra le varie foto in cui mi sono imbattuta, i famosi Prima e Dopo delle montagne, ci sono anche foto di come le piste da sci e gli impianti sciistici trasformano radicalmente la montagna. Sul sito del CAI, ho trovato un’analisi molto interessante della Commissione Centrale Tutela Ambiente Montano che analizza, tra i vari aspetti, anche quanto è (in)sostenibile andare a sciare.

Da questa analisi emerge come di fatto il turismo legato alla montagna sia cambiato molto negli anni: se prima infatti le persone si ricordavano della montagna solo in inverno, ora invece è il turismo estivo ad essere più fruttuoso. Infatti, sempre più turisti vanno in montagna anche in primavera, in estate e in autunno. Questo avviene perché si è sviluppato anche un fortissimo turismo escursionistico legato ad altri sport, ma anche un turismo congressuale, termale, ambientale, culturale, enogastronomico.

Le problematiche del turismo invernale

Il turismo estivo (in cui rientrano anche quello autunnale e quello primaverile) tenderà ad aumentare, anche grazie a questa sua continua diversificazione delle attività. Mentre il turismo invernale, soprattutto quello legato esclusivamente allo sci, diminuirà per diversi fattori:

  • cambiamento climatico
  • riscaldamento globale
  • concorrenza
  • diversificazione della domanda

Inoltre, proprio a causa dei cambiamenti climatici e del cambiamento delle dinamiche di mercato si stanno verificando:

  • Crisi di alcuni piccoli comprensori e a bassa quota (abbandono)
  • Crisi dello sci estivo
  • Concentrazione degli impianti da sci nei grandi comprensori sciistici
  • Aumento dei costi legati alla pratica dello sci

È lecito pensare quindi, che se la tendenza del turismo invernale sciistico è destinata a diminuire lo saranno anche gli investimenti ad esso collegati: e invece no. Infatti si prevedono: impianti a quota più elevata e su ghiacciaio, impianti di collegamento tra comprensori limitrofi (“caroselli”), nuovi impianti in aree ancora vergini, progetti di ampliamento dei comprensori più piccoli in determinate aree con “potenziale”.

Oltre a vedere quindi un aumento generale delle infrastrutture (sciistiche e non), vedremo anche un aumento del numero di seconde case, del traffico e della mobilità. Tutto questo porterà con sé anche numerose problematiche, tra cui:

  • Danni al paesaggio
  • Riduzione e frammentazione delle aree naturali
  • Effetti sulla biodiversità
  • Pressioni sulle matrici ambientali (inquinamento atmosferico, inquinamento idrico, consumo di energia, ecc.)
  • Perdita di identità culturale

Proviamo a vedere il lato positivo

Sì, in tutto questo per fortuna c’è anche un lato positivo, che vede opportunità come la creazione di posti di lavoro e produzione di valore aggiunto, oltre che nuovi strumenti e risorse per la conservazione e la valorizzazione dell’ambiente montano. Se si comincia a prendere in seria considerazione il turismo sostenibile possono davvero nascere delle ottime opportunità, sia per chi nelle montagne ci vive 365 giorni l’anno, sia per chi le frequenta solo per brevi periodi. Un turismo sostenibile per essere tale deve chiaramente comprendere la sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

Se anche uno di questi aspetti rimane indietro non si può parlare di reale sostenibilità. In quest’ottica, viene da sé che il cambiamento deve essere graduale: le attività e le infrastrutture vanno ripensate in chiave nuova, così come tutti i lavori correlati allo sci. È un argomento molto complesso sì, ma come sempre bisogna cominciare a parlarne, a comprenderne le problematiche e soprattutto bisogna cominciare a trovare le alternative. Non è un problema che si risolve in una settimana ecco, ma deve essere messo sul piatto della bilancia: non possiamo continuare a fingere che non esista.

I danni alle montagne

Sempre sull’analisi del CAI, si legge come dal 1980 i ghiacciai hanno perso circa il 20-30% del loro volume e la caldissima estate siccitosa del 2003 ha comportato una ulteriore perdita del 10% (EEA – 2004). Sarei curiosa di vedere i danni che ha portato l’estate scorsa (2022), ma forse è ancora presto per dirlo. Nell’analisi troviamo anche una delle famose foto del Prima e del Dopo, di come le montagne e i ghiacciai stanno cambiando (e scomparendo) sempre più velocemente:

Montagna Prima e Dopo - Fonte CAI

Il surriscaldamento globale però, non sta solo sciogliendo molto velocemente i ghiacciai, ma sta anche facendo sì che ci siano molte meno nevicate (proprio a causa delle temperature sempre più alte).

E come si va a sciare se non c’è la neve? La si spara, ovviamente. Esiste infatti la neve artificiale.
Ed ecco così un’altra pratica estremamente dannosa per l’ambiente montano. Ma cosa succede esattamente quando si ricorre alla neve artificiale? Le conseguenze ambientali ed economiche – come evidenzia l’analisi del CAI – sono davvero significative:

  • notevole impatto sul paesaggio dovuto alle piste, agli impianti di risalita e alle opere edili per l’innevamento [NB. Lavorazione diversa delle piste innevate artificialmente (piste maggiormente spianate e allargate) e legata anche alla nuova tipologia di sci da discesa (carving)]
  • grande consumo di acqua, proprio nei periodi di magra che caratterizzano la stagione invernale;
  • notevole consumo di energia in continuo aumento;
  • danni indiretti relativi ad opere edili e servizi per i turisti, la speculazione edilizia (seconde case, ecc.), il traffico, ecc.
  • aumento dell’erosione del suolo (flusso aggiuntivo di scorrimento superficiale in primavera);
  • disturbo della fauna e danni alla flora (azione fertilizzante, riduzione della biodiversità e ibridazioni dovute a inerbimenti delle piste con sementi non autoctone, disturbo da rumore e inquinamento luminoso, serbatoi possibili trappole per anfibi);
  • possibile inquinamento, dovuto all’uso di additivi per l’innevamento artificiale (acqua più ricca in sostanze organiche — ma occorrono più dati)

Riassumendo: per garantire neve a chi vuole andare a sciare, si recano danni importanti all’ambiente, al suolo, alla flora e alla fauna locale.

Ma come detto, non si tratta solo di motivazioni ambientali (come se queste da sole non bastassero): quanto ci costa danneggiare l’ambiente?
1. Costi di investimento = 136.000 €/ha Totale investito sulle Alpi fino ad oggi = 3.242.240.000,00 €
di cui 1.232.051.200,00 € solo in Italia (stima su dati CIPRA – 2004)
2. Costi di esercizio e manutenzione = 25.500 €/ha (media svizzera), pari a circa 8,5% dei ricavi

Come evidenzia l’analisi del CAI:
L’innalzamento di temperatura porterà, da una parte, ad aumentare il costo specifico (per mc di neve o per ettaro di pista) di produzione della neve artificiale (legato ad un maggior consumo energetico) e, dall’altra, ad aumentare la superficie complessiva da innevare artificialmente (con costo ulteriore), ovvero la produzione di neve artificiale.

Dubbi e perplessità

Lo stesso Paolo Cognetti, autore de Le otto montagne, nel suo romanzo scrive:

«Ma lo sanno gli sciatori come si fa una pista da sci? Si prende un versante della montagna che viene disboscato e si va avanti a scavare, estirpare e spianare finché quel versante assomiglia a uno scivolo dritto e senza ostacoli.Poi lo scivolo va innevato, perché è ormai impossibile affrontare l’inverno senza neve artificiale: a monte della pista viene scavato un enorme bacino, riempito con l’acqua dei torrenti d’alta quota e con quella dei fiumi pompata dal fondovalle, e lungo l’intero pendio vengono posate condutture elettriche e idrauliche, per alimentare i cannoni piantati a bordo pista ogni cento metri».

Quello che mi sto chiedendo è se sia davvero necessario arrecare tutti questi danni ambientali solo per il “gusto di sciare”. Non mi fraintendete, capisco il business che ormai si è creato intorno a questo sport, e capisco che per molti sia una vera e propria passione – come lo è per me fare trekking. Ma davvero sciatori e sciatrici non possono fermarsi un attimo a riflettere su quello che lo sci comporta?

Vi risegnalo, per l’ultima volta giuro, l’analisi del CAI, dove trovate anche le soluzioni che propongono. Il mio non è un obbligo a cambiare di punto in bianco le vostre idee, ma un invito a rimetterle in discussione.
Inoltre, nel 2026 ci saranno anche le Olimpiadi Milano-Cortina, contro le quali si sono schierate ben 52 associazioni e comitati, tra cui anche lo stesso CAI e WWF, proprio per denunciare l’ulteriore assalto alla montagna che si vuole fare per l’occasione.
Anziché distruggere e costruire, perché non proviamo a fermarci e riflettere?

Parliamone

E tu? Ritieni che sia sostenibile andare a sciare?

Ti aspetto su: marta@gentilmenta.com

Articoli simili